Come tutto ebbe inizio

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Mi chiamo Ferrara Raffaele, detto “Lello”.
Sono nato a Grumo Nevano (NA) il 07/05/1966 e vengo da una famiglia molto numerosa, composta da 11 fratelli; io sono il nono.
Sono nato di 7 mesi; a 4 anni non parlavo o meglio non riuscivo a pronunciare chiaramente le parole, non componevo frasi di senso compiuto e non camminavo, dando così ovvi problemi di gestione a chi mi accudiva.
I miei genitori lavoravano a Frosinone e tornavano a casa ogni 15 giorni circa, in base alle possibilità e alle necessità varie, così il compito di accudire e gestire la famiglia era di mia sorella maggiore. Nelle sue mansioni era compreso anche l’accompagnarmi a scuola, ma siccome a me non andava proprio di andarci,  trovavo sempre il modo di marinarla, creando così gravi scontri con i miei genitori dovuti proprio alla mia ostinazione di non frequenza della scuola.
A causa delle mie varie e meritate bocciature,  i miei genitori, presi dalla disperazione, decisero di portarmi a Ururi, in provincia di Campobasso, da mio zio, fratello di mio padre, per farmi cambiare vita, per essere seguito da nuove persone e per farmi frequentare nuovi ambienti.
Ma anche questo fu un fallimento, perché non si ebbero i risultati sperati; cosi me ne tornai a Napoli e decisi di andare a lavorare.
Da come si può capire, la mia adolescenza fu abbastanza turbolenta.
Avevo ormai 19 anni ed ero fidanzato, come tanti miei coetanei.
Ero cattolico ma non praticante, a differenza di una mia zia, la quale, molto devota e praticante, organizzava spesso pellegrinaggi a “Oliveto Citra“, un paesino di montagna in provincia di Salerno, dove vi erano i resti di un castello abbandonato presso il quale si verificavano le apparizioni della Vergine Maria.
Un giorno, mentre andavo dalla mia fidanzata, incontrai mia zia e mi soffermai a parlare con lei. Tra una parola e un’altra, mi invitò ad uno dei suoi pellegrinaggi ad Oliveto Citra.
Io, con grande stupore per l’invito, chiaramente rifiutai, ma lei era insistente.
Allora incuriosito da questa insistenza, le avevo promesso che un giorno ci sarei andato, ma alla condizione di non farmi né entrare in Chiesa e né pregare, anche perché non sapevo nessuna preghiera, nemmeno l’Ave Maria. Così mia zia mi rassicurò dicendomi che se non volevo non era obbligato ad entrare in Chiesa e che potevo rimanere davanti al cancello o starmene magari in giro per il paese.
Era il giorno 8 Dicembre 1985 che mia zia organizzava il pellegrinaggio ad Oliveto Citra ed io, come avevo promesso, ci dovevo andare. Speravo che con me fosse venuta anche la mia fidanzata, ma lei non ne voleva sapere, cosi ci dovetti andare da solo, per far contenta mia zia.
Durante il viaggio, dentro il  pullman, si recitava il santo rosario ed io già mi sentivo a disagio e mi stavo pentendo della mia decisione.
Arrivati sul luogo, c’erano tantissime persone che pregavano e si mettevano in fila, su di una scalinata, per arrivare davanti a un vecchio cancello che era l’ingresso di un castello.
Anch’io, preso dalla curiosità, mi misi in fila: volevo vedere cosa c’era mai davanti o dietro a questo cancello.
Ma, una volta lì davanti, non vidi nulla di particolare, così me ne andai.
Nello scendere la scalinata, che finisce nella piazzetta antistante al castello, alzai gli occhi verso il cancello e fissandolo sentii dentro di me il cuore che mi andava a mille, mi batteva forte, forte.
Stupito da questo avvenimento, mi chiesi cosa mi stesse accadendo, pensavo che forse era l’atmosfera di quel posto, ma, insomma, non riuscivo a darmi una spiegazione.
All’improvviso, mentre guardavo il cancello, vidi una grande luce bianca con dentro l’immagine di una croce.
Poi questa immagine si aprì ed intravidi la sagoma di una donna con le mani aperte, in segno di abbraccio, poi le congiunse e con il volto guardava a destra e a sinistra.
Rimasi sbalordito, non mi rendevo conto di cosa mi stesse accadendo.
Subito scappai in lacrime dal punto in cui mi trovavo, volevo stare lontano dalla folla. Piangevo e non volevo parlare con nessuno, però sentivo dentro di me una grande pace.
Ad un certo punto vidi arrivare mia zia preoccupata che mi chiedeva cosa mi fosse successo, ma io non volevo raccontarle dell’accaduto, perchè avevo paura che poi lo avrebbe raccontato in giro.
Lei, invece, mi tranquillizzò dicendomi di non preoccuparmi e che sarebbe rimasto un segreto tra noi e così le raccontai tutto ciò che mi era accaduto.
Trascorsi il resto della serata in silenzio e poi finalmente tornammo a casa.
Da quel momento, però, il desiderio di ritornare in quel posto era grande dentro di me.
Dopo qualche giorno rividi mia zia e le chiesi quando avrebbe organizzato un altro pellegrinaggio per Oliveto Citra e lei mi rispose che un altro gruppo sarebbe partito il lunedì successivo; così ho subito approfittato aggregandomi a loro.
Partito per il mio secondo pellegrinaggio, mi recai davanti al cancello, ma questa volta non vidi nulla di particolare; però dentro di me c’era sempre una grande pace e quando andai via da Oliveto Citra, mi ripromisi di ritornare.
Era il 30 Gennaio 1986 quando ritornai per la terza volta al castello e c’era tantissima gente, come sempre. Mi misi in fila per arrivare al cancello e mentre salivo le scale, cercavo di pregare dicendo “Ave Maria, Santa Maria” poiché non sapevo recitarla per intero.
Mentre pregavo e salivo, all’improvviso, di tutto ciò che mi circondava, non vidi più niente.
C’era solo una grande luce che diventava sempre più forte e che si apriva; in questa luce vidi una bellissima donna, la vedevo limpidamente, era vestita con un manto celeste, una cintura dorata ed era appoggiata sopra una nuvola, con un bambino tra le braccia e mi disse:
“Non aver paura, sono la Madre del cielo. Amati, amati e non aver paura, figlio mio. Incomincia ad andare a Messa. Prega, prega.”
Poi si chinò sulla mia fronte baciandola ed io svenni.
Stesso lì, nella piazzetta adiacente il castello, c’era la sede del comitato “Regina del castello”, dove mi trasportarono per assistermi.
Quando mi ripresi, ero circondato dalle persone che mi avevano soccorso, le quali mi chiedevano che cosa mi fosse accaduto; ma io non facevo altro che chiedere dove fosse la Signora che mi aveva baciato la fronte.
Loro non capivano a cosa io mi riferissi, però sentivano provenire dalla mia fronte un grande profumo che invadeva tutta la stanza.
Tra i soccorritori e le persone che erano lì per assistermi c’era anche Don Mario Baraglini e la sua segretari Anna Ghibellini, che si trovavano lì ad Oliveto Citra come pellegrini. (altro…)

Continua a leggereCome tutto ebbe inizio

Seguendo Maria

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Dopo questo episodio, tornato a casa, la mia vita cambiava radicalmente e rapidamente, senza che io me ne accorgessi. Ero rapito dalla bellezza che mi stava avvolgendo ed ero attratto sempre più da quel mondo spirituale,  per me sconosciuto fino ad allora, che dalle cose materiali; infatti i miei amici notavano in me un grande cambiamento, ma io non sapevo spiegare loro cosa mi stesse accadendo, nonostante ci avessi provato diverse volte. Questo mio cambiamento aveva suscitato in loro molta curiosità, infatti alcuni di essi mi hanno seguito in questa nuova avventura. Un giorno poi, mentre ero in  preghiera con la mia famiglia, mi apparve la Madonna dicendomi “non aver paura figlio mio, perché oggi ti affido ad un padre spirituale, dal quale sarai guidato” ed io le chiesi “chi è?” e lei mi rispose “don Vincenzo Cuomo” ed io replicai che non lo conoscevo e lei mi rassicurò dicendo “non ti preoccupare figlio mio, lo troverai e gli porterai questo messaggio e lui capirà” e mi diede un messaggio privato per lui. Andai così alla mia parrocchia per chiedere informazioni su questo sacerdote. Così, con l’aiuto di mia zia e di alcune sue conoscenze parrocchiali, riuscimmo a rintracciare padre Cuomo, col quale mi incontrai presso la sua parrocchia che era distante circa 20 km da casa mia, in compagnia di mia zia e mia madre, le quali mi sono sempre state vicine dall’inizio di questa mia avventura. Durante il tragitto cresceva in me un grande timore per questo incontro e mia zia, come suo solito, mi tranquillizzava dicendomi “se è la Madonna che ti manda, non devi aver paura”. Arrivati sul posto, fu dapprima mia zia a incontrare il sacerdote, anticipandogli che gli avrei dovuto parlare; così lui volle vedermi in privato, lasciando in preghiera mia madre e mia zia. Padre Cuomo notò subito in me tanta paura e cercò di tranquillizzarmi invitandomi a parlare ed io dissi “padre non so se mi credete, ma ho un messaggio per voi dalla Madonna” e lui sgranò gli occhi e mi fissò sorpreso. Allora io dissi “il giorno 26 di questo mese accadrà una cosa per la quale voi tanto pregate” lui mi poggiò la mano sulla spalla e disse “vacci piano con queste cose, resta in silenzio e  dall’albero si riconosceranno i frutti. Ci rivedremo allora il giorno 26”. Il giorno 26,  ritornai da lui come mi aveva chiesto, sempre accompagnato da mia madre e mia zia. Quando entrai in chiesa, lui, gioioso, subito venne verso di me, mi prese per mano e mi portò in sacrestia e lì mi disse “oggi è successa una grande cosa; è avvenuta, dopo tanto tempo, una guarigione per la quale io ho tanto pregato. Una suora che non si alzava dal letto da tanto tempo è venuta a prendere l’Eucaristia con  le sue gambe” poi mi chiese silenzio e obbedienza, per capire da dove venissero quei segni. Da allora divenne la mia guida spirituale. (altro…)

Continua a leggereSeguendo Maria

La nascita del Primo Cenacolo

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Nonostante la riservatezza che mi aveva chiesto padre Cuomo, la notizia di ciò che stavo vivendo era ormai trapelata. Infatti una sera del mese di Giugno del 1986, mentre passeggiavo per le vie del paese, mi fermarono quattro conoscenti compaesani (Salvatore Chiatto, Rosario Cristiano, Rosario Conte, Antonio Del Prete) che mi chiedevano informazioni su quello che mi stava accadendo. Nel raccontare la mia esperienza, espressi loro anche il desiderio di formare un gruppo di preghiera e così fu. Ci incontravamo settimanalmente a casa di mia zia per recitare il santo rosario e col tempo il gruppo cresceva sempre di più, trovandoci però con notevoli disagi di spazio e infatti dopo circa due anni, in un’apparizione, la Madonna ci chiese di andare a pregare nella casa del Signore. Visto che il mio parroco, don Mimmo De Rosa, già conosceva la mia storia, perché io e la mia famiglia eravamo diventati ormai parrocchiani sempre presenti alle varie celebrazioni, gli chiesi se era possibile far riunire il nostro gruppo di preghiera proprio lì, nella mia parrocchia. Lui accolse con gioia questa proposta, mettendosi anche a disposizione per la guida spirituale del gruppo stesso e, col tempo, divenendo anche la mia guida spirituale. (altro…)

Continua a leggereLa nascita del Primo Cenacolo

Roma, “I fratelli della parola”

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Un giorno del 1988, io ed un amico, ci recammo ad Oliveto Citra per vivere un nostro momento di preghiera. Qui partecipammo alla santa messa presieduta da un sacerdote missionario la cui omelia mi è piaciuta particolarmente; decisi allora che dovevo conoscerlo, così, al termine della messa, mi presentai e, come se fosse già tutto predefinito, la sera stessa ci ritrovammo a casa sua a condividere le nostre esperienze. Dopo un po’ di tempo, venne a casa mia a celebrare una messa in presenza della mia numerosa famiglia, creando così tra noi un rapporto di amicizia più forte e facendo crescere sempre più in me il desiderio di capire cosa Dio volesse da me. Un giorno, tornando ad Oliveto Citra, partecipai ad una delle tante messe nella cappella della casa di questo missionario e ci fu un passo del vangelo che diceva “lasciate che i morti seppelliscano i propri morti” che mi colpì particolarmente ma non mi era chiaro, così alla fine della messa chiesi a lui di spiegarmelo e fu per me la risposta alla mia richiesta e decisi di rimanere lì con lui, chiedendogli solo la possibilità di avvisare la mia famiglia che io non sarei tornato più a casa e per i miei non è stato facile accettare questa mia decisione. In questa casa vivevo con altri ragazzi e la nostra giornata si svolgeva nella preghiera e nel servizio alla parrocchia. Il sacerdote che mi stava ospitando, voleva che io facessi discernimento della mia vita spirituale, attenendomi alle regole di quella piccola realtà comunitaria, vivendo la mia esperienza con Maria nel silenzio, ma condividendo con tutti loro il momento dell’ultima preghiera della giornata in compagnia della Madonna. Dopo pochi mesi, questo missionario ci comunicò che ci saremmo dovuti trasferire presso la comunità “fratelli della Parola” ad Acilia – Roma- perché doveva incontrarsi con madre Teresa. Io non capivo di chi stesse parlando, perché mai avevo sentito di lei, così questo sacerdote, stupito della mia ignara conoscenza, mi raccontò un po’ di questa suora e delle sue opere. Prima di partire per Roma, ne parlai con la mia famiglia che reagì con grande meraviglia alla notizia; capii allora la grandezza di questa donna. Arrivò il giorno della partenza, ero curioso di incontrare questa famigerata suora di cui tanto mi hanno parlato.

Era il 10 Ottobre 1988 che, in una delle comunità di madre Teresa, avvenne  questo incontro; per me è stato un impatto molto forte, ricco di umiltà e semplicità estrema, vedendo questa donna così minuta ma piena di amore coinvolgente. Ci ha benedetti uno ad uno, abbiamo pregato insieme e ci ha donato una medaglia miracolosa. Dopo questo incontro, è iniziato per me un nuovo cammino presso questa comunità romana dove le nostre giornate si svolgevano nella preghiera e nel rispetto delle regole comunitarie. Un giorno, il nostro sacerdote missionario decise, con suore Elvira, di accogliere, presso la nostra casa, i ragazzi del “Cenacolo”, ragazzi che avevano vissuto esperienze con la droga. Il nostro responsabile chiese a noi di metterci a servizio di questi ragazzi, rispettando quelle che erano le regole delle comunità di suor Elvira. (altro…)

Continua a leggereRoma, “I fratelli della parola”

La mia esperienza a Calcutta con Madre Teresa

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Continuavo la mia vita a servizio di questa comunità di Roma, quando il nostro sacerdote mi disse di prepararmi perché dovevo partire per l’India. La notizia non mi entusiasmò, ero spaventato e tra l’altro la mia famiglia e il mio padre spirituale non erano d’accordo con questa decisione. La partenza fu imminente, eravamo in tre. E’ stata un’esperienza difficile perché abbiamo dovuto affrontare le difficoltà di trovarci lì senza una casa, infatti madre Teresa era tanto preoccupata per noi, perché eravamo troppo giovani per vivere quelle realtà, provvedendo lei personalmente a trovarci una sistemazione più adeguata. Sperimentando la realtà di Calcutta, ricca di miseria e povertà, avevo un grido nel cuore per tutta quella sofferenza, così appena ho avuto la gioia dell’incontro con la Madre di Dio, le chiesi “perché non appari qui, ma appari in Italia?” e lei con un sorriso rispose “Figlio mio, se vengo in Italia è perché voi avete dimenticato Dio e la Parola di Dio. Io non posso chiedere a questi figli di digiunare, fare sacrifici e penitenza. Siete voi che avete perso Dio e la Sua Parola ed Io vengo a rinnovarvela”, infatti nell’esperienza vissuta in India ho potuto sperimentare che in quelle persone non mancava mai il sorriso. Dopo circa un anno di vita in India, iniziai a stare male fisicamente, mi ero ridotto a pesare 39 kg. La mia situazione andava peggiorando, avevo febbre molto alta e le suore mi curavano con metodi antiquati, gli unici a loro disposizione. In quel momento Madre Teresa, che era molto preoccupata per la mia salute, decise di farmi rientrare in Italia, accompagnandomi lei personalmente, ma raccomandandosi di non divulgare la notizia del suo arrivo a Roma e mi fece un dono a me prezioso, mi regalò il suo crocifisso, facendomi promettere di prendermi cura di me stesso. Da Calcutta, madre Teresa mi portò a Bombay, avvisandomi che sarei rimasto per un giorno in una casa maschile della sua comunità. In quel posto nessuno parlava italiano, ebbi tanta paura di essere dimenticato lì da madre Teresa magari presa dai suoi impegni, il mio timore era talmente evidente che le persone che erano lì si accorsero che ero spaventato e cercavano, invano, di tranquillizzarmi. Sulla parete della mia camera notai l’immagine della madonna e trascorsi tutta la notte in ginocchio ai suoi piedi, chiedendole che l’indomani madre Teresa non si scordasse di me. Infatti fu per me una grande gioia rivederla la mattina seguente. Durante il volo io avevo ancora la febbre e lei aveva con se una coperta con la quale si copriva, ad un certo punto mi toccò la fronte per accertarsi della mia temperatura, dopo di ché mi coprì con la sua coperta, che tutt’oggi conservo gelosamente. Fu un viaggio lungo ma indimenticabile; nonostante il mio stato di salute, fu per me un dono grande volare con madre Teresa. Per me è stata come una madre, premurosa e amorevole. Arrivati in aeroporto, madre Teresa notò la presenza di molte persone in attesa e mi chiese del perché vi era tanta gente ad attenderci ed io risposi “madre, ma è solo la mia mamma con una parte della famiglia” e madre Teresa volle conoscere personalmente mia madre, la abbracciò e la benedisse per il dono della famiglia numerosa. Regalò a ciascuno di noi una medaglia miracolosa, ci benedisse e andò via.

Sono tornato a casa da mia madre per ristabilirmi, ma appena mi ripresi, ritornai alla comunità di Acilia, con tanta delusione da parte della mia famiglia i quali speravano che fossi ritornato da loro per sempre. Tornato nella comunità, vivevo le mie giornate come all’inizio, proprio come se non fossi mai andato via. Passò il tempo necessario che finirono i lavori della struttura che ci doveva accogliere a Calcutta e il nostro sacerdote missionario, che nel frattempo era rimasto lì, mi inviò una lettere nella quale mi chiedeva di tornare a Calcutta con suor Elvira e i suoi ragazzi e così fu, portando con me un amico a me caro, Franco De Santis. Questa partenza fu per me più serena e gioiosa della precedente, perché sapevo cosa mi attendeva e poi non ero solo, con me c’erano il mio amico, suor Elvira e i suoi ragazzi e Mirka, la sorella della veggente di Medjugorje Marija Pavlovic. L’arrivo a Calcutta fu molto movimentato dato che con suor Elvira e madre Teresa si andava sempre in giro perché si cercava una struttura da aprire per la comunità di suor Elvira a Calcutta. Ora non ricordo con esattezza la precisione delle date, ma ricordo con precisione quando avvenne un momento che ha segnato per sempre la mia vita. Era il mese di Dicembre del 1990 che io e un gruppo di ragazzi, dopo un periodo di formazione, dovevamo dare i voti ai “fratelli della Parola”. Io però ebbi un attimo di paura, perché non capivo se quella era realmente la mia chiamata o ero semplicemente coinvolto dalla gioia e dal momento. In me c’era la convinzione che volevo amare Dio al di sopra di tutto ed ero consapevole che dovevo dire il mio “SI” a Lui, ma non ero pronto completamente a questo passo, non mi sentivo degno e ne parlai con il sacerdote responsabile che mi suggerì di parlarne con madre Teresa e così feci. Pur con tante difficoltà, dato che io non parlavo inglese, riuscì a farmi capire da madre Teresa e lei, con tanto amore e semplicità, mi rassicurò dicendomi “Non ti devi preoccupare, si vede che non hai ancora trovato il ramo dove appoggiarti, quando lo troverai, ti fermerai. Farai comunque una consacrazione che durerà il tempo che sarai qui con noi a Calcutta” e così fu, dopo pochi giorni dalla consacrazione dei miei fratelli in cammino, feci anche io la mia promessa.

Era il 25 Dicembre del 1990 che ebbi una funzione tutta per me e per un altro ragazzo. Che emozione! Un momento indimenticabile. Appena entrato nella cappellina della casa madre, ci fu per me un grande segno; vi era una grande stella con la Madonna dentro, uguale a quella di Oliveto Citra, e questo fu per me una grande conferma. Oggi, gelosamente, custodisco con grande gioia un video che documenta questa magnifica esperienza, video che mi fu autorizzato da madre Teresa stessa. Dopo la consacrazione continuai la mia vita a Calcutta a stretto contatto con madre Teresa, lavorando nelle sue case, portando aiuto e sostegno ai fratelli più bisognosi. (altro…)

Continua a leggereLa mia esperienza a Calcutta con Madre Teresa

Rientro in Italia

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Dopo un lungo periodo a Calcutta dovetti rientrare in Italia perché mi ammalai nuovamente. Il tempo di rimettermi in salute e ritornai alla comunità di Acilia, ma dopo un po’, non so perché, l’unione che si era creata tra la comunità di suor Elvira e quella dei Fratelli della Parola si sciolse ed io tornai a Napoli e mi consultai con il mio padre spirituale che, come al solito, mi fu vicino aiutandomi a fare chiarezza nel mio cammino. Passai giorni e giorni in preghiera e si accese nel mio cuore il desiderio di ricominciare, dato che avevo dentro di me tante meraviglie che il Signore mi aveva donato e non potevo tenerle per me; chiesi allora al mio padre spirituale di mettermi a disposizione la sua casa a Grumo Nevano. Dopo diverse mie insistenze, me la concesse e così trovai la mia pace e la mia casa. Qui vivevo io e Antonio, attualmente mio cognato, e la nostra giornata si svolgeva tra la preghiera, l’evangelizzazione e l’ascolto dei bisognosi. In nostro aiuto, quotidianamente, c’erano una nostra grande amica, Esterina, Giuseppe e Maria Pia, però quest’ultima abitava a Bari, quindi la sua presenza era sporadica, anche se validissima. Abbiamo trascorso in questa casa tanto tempo e della nostra realtà si era divulgata la fama. Sotto la guida del nostro padre spirituale e di Maria, vivevamo nel silenzio e nella preghiera con i giovani del nostro gruppo. La nostra casa prese il nome “Scuola di Maria”, proprio perché quotidianamente lei ci istruiva e ci guidava e ci sosteneva nei momenti difficili, perché tanti ne erano e tante erano state le cadute e i fallimenti.       


Siccome l’affluenza dei fratelli aumentava sempre più e la casa era piccola per contenerli tutti, allora decidemmo di aprire un piccolo laboratorio di articoli religiosi proprio per guadagnare qualcosa per poi sistemarci in una casa più grande; e anche qui la provvidenza del Signore venne in nostro aiuto, venivano le suore del santuario di Pompei ad insegnarci a fare alcuni lavoretti, come i rosari e i quadretti. Ma per racimolare altri soldi, pensammo di chiedere aiuto economico ai nostri conoscenti, ma la Madonna, durante un’apparizione, ci disse che noi non dovevamo chiedere nulla, ma affidarci solo a Suo figlio Gesù e così facemmo. Pregavamo sempre alla santa provvidenza di aiutarci. Poi una sera, eravamo a casa di Esterina e ci fu un’apparizione in cui Gesù, con fermezza e decisione, mi disse “Figlio mio, è arrivata l’ora di ciò che cercavate. Non preoccupatevi, molto presto vi saranno donate delle chiavi. Confidate in Me e in mia Madre” e così facemmo, abbiamo pregato, atteso e confidato. (altro…)

Continua a leggereRientro in Italia

Comunità scuola di Maria a Mariotto

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Un giorno Maria Pia mi fece conoscere una signora, Antonietta, di Bitonto -Bari-, che veniva accompagnata sempre dal marito, il quale però non entrava mai in casa, aspettava la moglie in auto perché diceva di non credere. In una delle sue visite, io uscii fuori di casa e finalmente ebbi il piacere di conoscere il marito. Scambiai con lui solo poche parole e lo invitai ad entrare per offrirgli un caffè e gli feci visitare quella che per noi era la nostra casa, ma in realtà era un negozio che noi abbiamo adibito ad abitazione. Lui rimase sorpreso del posto in cui vivevamo, ma senza troppe parole se ne ripartì con la moglie. Il giorno dopo, lui stesso chiedeva alla moglie di voler ritornare da noi e la moglie me lo raccontò stupita perché, conoscendo bene il marito, era insolito questo suo atteggiamento. Il marito di Antonietta insisteva nel voler tornare da me perché diceva che doveva parlarmi e che era stato segnato dal nostro incontro. Tempo una settimana e decisero di partire. Quando arrivarono, lui mi riempì di domande, ma io non capivo il motivo per cui mi domandava tante cose. Io credevo che lui volesse fare un cammino di fede, ma la sua risposta fu un categorico “No, non ci penso proprio”, poi mi fisso e mi disse “da quando ti ho visto mi hanno colpito i tuoi occhi e la tua semplicità e ho sentito di dover tornare da te”, poi mi chiese se io ero propenso a trasferirmi se avessi avuto la possibilità di spostarmi e la mia risposta fu che se era la volontà del Signore avrei fatto anche quello. Così lui prima di andare via, mi lasciò stupito e senza parole perché mi offrì le chiavi della sua villa in campagna. Tutti noi abbiamo subito collegato questa sua offerta al messaggio di Gesù in cui diceva che presto sarebbero arrivate delle chiavi ed eravamo tutti pieni di gioia. Di tutta questa storia ne parlai con mia madre, perché ero timoroso a lasciare una realtà sicura con un qualcosa di ignoto, ma mia madre disse che se quella era la volontà di Dio tutto sarebbe andato bene ed anche il mio padre spirituale, senza esitare, ci diede la sua approvazione, il suo sostegno e il suo amore. Incontrai Maria Pia e il marito Pino a San Giovanni Rotondo insieme a mia madre, Esterina, Antonio e mio padre e questi ci portarono a vedere la villa. Era enorme, bellissima e abitabile da subito. Nel viaggio di ritorno ci ponevamo tanti problemi, come gestire una casa così grande da soli, dato che Esterina aveva chiaramente espresso che non ci avrebbe seguiti da subito e su che tipo di servizio offrire in una residenza così isolata. Ma non ci scoraggiammo e ci abbandonammo alla volontà di Dio. Ma in noi non era ancora chiaro che tipologia di persone dovevamo servire, allora proposi che il primo che fosse venuto a chiedere aiuto, in quella direzione ci saremmo orientati. Dopo qualche giorno bussò alla nostra porta un ragazzo tossicodipendente. Siccome in passato ho collaborato nella comunità di suor Elvira, quindi avevo avuto già forti esperienze con queste tipologie di persone, sapevo che sarebbe stato un impegno notevole e totale. Ne parlai con Antonio ed Esterina e non fu facile prendere questa decisione, perché solo la parola “drogati” li spaventava, infatti Esterina esclamò ” solo la parola “drogato” mi fa paura; eh chi lo dice ai miei figli?!”. Ma talmente eravamo presi dal desiderio di “fare”, che andammo avanti nonostante i timori. Finalmente io, Antonio e questo ragazzo tossicodipendente, che ci aveva chiesto aiuto, ci trasferiamo a Bari, nudi di tutto, affidandoci alla provvidenza.  

Una volta sistemati, ci siamo dati una regola che prevedeva la preghiera e lavoro in campagna. I ragazzi che volevano entrare in comunità, facevano un colloquio durante il quale si facevano presente le nostre regole, che chiedevano digiuno di televisione, sigarette e altro, ci basavamo solo sulla Cristo-terapia. I frutti si vedevano giorno per giorno, tanto che quando ci fece visita il parroco di Mariotto rimase entusiasta del lavoro che facevamo e iniziò a trascorrere gran parte della sua giornata con noi, fino a celebrare anche la messa nella struttura, perché alcuni ragazzi non erano pronti per uscire da questa realtà protetta. Il Signore non ci fece mancare nulla, la provvidenza ci sosteneva in tutto, avemmo anche la grazia di avere una cappella tutta nostra con il dono dell’Eucaristia. Tra suore, sacerdoti e laici, accoglievamo pellegrini nella struttura per vivere insieme momenti di preghiera e condivisione perché la comunità era aperta all’accoglienza di tutti e quasi tutti si meravigliavano che ne fossi io, piccolo e giovanissimo, il responsabile. Non sempre era facile conciliare la mia realtà mistica con quella difficile dei ragazzi, perché i ragazzi avevano bisogno di tranquillità e serenità per superare i loro problemi, invece tanti pellegrini venivano lì da noi per incontrare me e ascoltare la parola di Dio e gestire queste realtà totalmente diverse non era per niente facile. Infatti è bastato poco perdere il controllo della situazione e il mio padre spirituale, che in una sua visita notò che qualcosa non era chiaro, decise di prendere lui in mano il comando. Fece una riunione singolarmente con i responsabili della struttura e per ultimo con me; voleva chiarezza ed io, in lacrime, gli raccontai ciò che era accaduto, che qui, per rispetto della privacy di alcune persone, non posso riportare; ma ancora oggi porto dentro il dolore di quella sconfitta di cui ero solo io il responsabile. Don Mimmo chiese a tutti ubbidienza e ci disse di tornare ognuno nelle proprie case. Come sempre, anche nelle difficoltà, Dio manifesta la grandezza del Suo Amore paterno, infatti precedentemente aveva fatto si che io e suor Elvira ci accordassimo ad ospitare presso la nostra struttura i ragazzi di questa suora e ciò permise ai nostri ospiti di non restare da soli nel momento in cui io e gli altri responsabili siamo dovuto tornare a casa. Ancora oggi ricordo vivamente il dolore del distacco così drastico da quella struttura e da quei ragazzi che tanto abbiamo voluto e amato. Da allora non ho più messo piede in quella comunità. Eravamo arrivati nudi, senza nulla e così siamo tornati a casa. (altro…)

Continua a leggereComunità scuola di Maria a Mariotto

Ritorno a casa

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Gli errori si pagano ed io li ho pagati amaramente capendo però ed imparando che Dio fa sul serio. Tornando a casa non è stato facile riprendersi dopo questa forte delusione, non avevo più forze. Le uniche parole che rimbombavano forti dentro di me erano quelle della Madonna in cui disse “figlio mio, vedendo me devi molto soffrire” e ciò mi dava speranza per una ripresa futura. Tutti i giorni andavo a Pompei, sempre in stretto contatto con il mio padre spirituale che però cercava di scoraggiarmi, soprattutto quando insistentemente gli chiedevo di ritornare nella comunità e mi diceva di lasciar perdere tutto e di rifarmi una vita e continuamente mi diceva “tu pensi che ti sto facendo del male, ma un giorno mi ringrazierai”. Ormai mi rassegnai e cercai di rifarmi una vita, di ricostruirmi una vita; trovai nuovamente un lavoro e una fidanzata, anche lei molto religiosa. Cercavo di andare avanti nella semplicità del  mio quotidiano, ma dentro di me c’era sempre quel grande desiderio di essere tutto per Dio. Nonostante conducessi una vita normale, infatti era in progetto un matrimonio, pur non volendo, mi trovavo a vivere delle esperienze di evangelizzazione e di sostegno dei bisognosi; il Signore continuava ad agire attraverso di me, si serviva di me continuamente. Infatti un giorno, mentre passeggiavo con la mia fidanzata, vidi in lontananza un gruppo di conoscenti venirci incontro e, avvicinatosi, mi dissero che poco più avanti di noi c’era un ragazzo nel contenitore dei rifiuti.

La mia fidanzata mi guardò con uno sguardo di intesa, già sapendo io cosa avrei fatto; infatti corremmo sul posto e dopo aver ascoltato quel giovane che mi raccontava delle sue marachelle, io, fissandolo negli occhi, gli chiesi se potevo aiutarlo, lui spaventato che lo portassi in comunità, rifiutò subito, ma gli feci capire che lo avrei aiutato io personalmente. Però avevo bisogno di capire se lui era davvero convinto di voler cambiare vita; lo misi alla prova un paio di volte. Gli chiesi di venire a casa mia, ma per due mattine consecutive, non mi feci trovare, ma vedendo che, nonostante tutto, ritornò la terza mattina, quindi vidi in lui costanza e determinazione, lo invitai a salire da me e lo accolsi in casa mia, avendo da mia madre la disponibilità ad accogliere un nuovo figlio. Questa fu per me la conferma che il Signore mi chiamava al servizio del prossimo. Per iniziare il percorso di cura di Sandro, che per me era fatto solo di amore e preghiera, partimmo con mio padre e andammo in Val d’Aosta, dove fummo ospitati, per un po’ di tempo, nella casa di alcuni miei amici. Una notte, dopo una settimana di dura astinenza, Sandro venne vicino al mio letto e per ringraziarmi dell’aiuto che gli stavo dando, iniziò a baciarmi i piedi. Fu per me un gesto molto toccante ed emozionante e da quel giorno divenne a far parte della mia famiglia e tutti i miei fratelli lo accolsero ed amato. (altro…)

Continua a leggereRitorno a casa

Il viaggio per la mia nuova vita

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Sandro è vissuto a casa di mia madre per un po’ di tempo, andando a lavorare in una fabbrica di calzaturificio ed io in una sartoria. Ma sentivo che così non potevamo andare avanti. Una notte sentii Gesù nel cuore che mi disse “figlio mio, inizia una nuova vita per te”, queste parole mi rimasero impresse nella mia mente e mi facevano tanto pensare, così io e Sandro racimolammo quei pochi spiccioli che avevamo per il viaggio e partimmo per una meta sconosciuta. Era il 1988. In quel periodo ci fu il terremoto in Umbria, infatti per strada vedevo tutte quelle case distrutte e così mi sentivo io, avevo però voglia di ricominciare una vita nuova fatta di silenzio e nascondimento. Ci fermammo ad Assisi e Sandro mi chiedeva cosa avremmo fatto ed io lo rassicuravo chiedendogli di pregare perché Dio avrebbe provveduto per noi. E così fu.

Ricevetti una telefonata da un amico che io chiamavo “papà Sanzio” perché mi è stato sempre vicino, dall’inizio del mio cammino, mi chiedeva una preghiera. Sanzio viveva a Polverigi -Ancona- e nel parlare mi chiese dove mi trovassi e sentendo che ero ad Assisi si incuriosì sul motivo che mi aveva portato lì. Io gli dissi che non volevo tornare più a casa e che desideravo ricominciare una nuova vita, come il Signore voleva. La sua disponibilità fu immediata e mi invitò a casa sua per un po’ di tempo. Passò un mese ma non trovai nulla di concreto, allora volevo andare via perché mi sentivo di peso alla famiglia di Sanzio, anche se lui continuante mi rassicurava che non era così e che voleva aiutarmi proprio come fa un padre. Fu stesso lui a mettermi in contatto con una volontaria della caritas di Fermo, per aiutarmi a trovare un lavoro. Ci recammo a Fermo per incontrare Antonietta che mi portò in diverse fabbriche per chiedere lavoro, ma non trovammo nulla di ché. Poi, mentre andavamo via, vidi una fabbrica e chiesi ad Antonietta di andare a chiedere lì, anche se per lei era difficile che io trovassi uno sbocco proprio in quella fabbrica, ma io sentivo che dovevo andarci. Infatti, finalmente, trovai lavoro sia per me che per Sandro. Come posso non riconoscere la provvidenza di Dio?  Sanzio andò via dispiaciuto di lasciarci lì, ma lo tranquillizzai e lo salutammo. Antonietta non poteva ospitarci per la notte, giustamente, perché non ci conosceva, però ci indirizzò verso una chiesa abbandonata, raccomandandoci di stare attenti perché era una struttura pericolante. Trascorremmo in questa chiesa, dove dormivamo nella canonica, circa tre settimane; il lavoro andava bene, ma i disagi di vivere in quelle condizioni erano tanti e comunque dovevo fare coraggio a Sandro che voleva andare via. Una sera gli dissi di non brontolare, ma di andare in chiesa a pregare perché la provvidenza ci avrebbe aiutato ancora, soprattutto se a chiederla fosse stato lui. Dopo aver mangiato il solito panino, a malincuore Sandro si convinse ed andammo a pregare il santo rosario. Il giorno dopo, al ritorno del lavoro, trovammo una signora ad attenderci fuori la chiesa. Pensammo subito che era arrivato il momento di traslocare anche da lì e invece ancora una volta il Signore fa meraviglie per noi. La signora, Luciana, era preoccupata per noi perché quello era un posto pericoloso, allora ci chiese di prendere le nostre borse e di seguirla a casa sua, dove ci avrebbe ospitati nella sua mansarda. Per noi era un grande regalo riavere tutte le comodità di una vera casa, non ci sembrava vero. Sarò sempre riconoscente a Luciana che ci ha accolto in casa sua nonostante non ci conoscesse e avesse già una sua grande croce da portare: il marito con seri problemi di salute. Giustamente dopo un mese volevamo essere riconoscenti per la sua disponibilità in quanto ci trattava davvero come dei figli preparandoci anche da mangiare, ma Luciana non volle nulla da noi, anzi ci ringraziava perché coccolavamo il marito e le avevamo portato un po’ di gioia a casa. Ma noi non volevamo approfittare di tutta quella ospitalità e comunque avevamo bisogno dei nostri spazi, quindi cercavamo una casa tutta nostra, così Luciana e Antonietta ci aiutarono e ce ne trovarono una e furono tanto generose da rendercela anche abitabile. E da lì iniziò il mio nuovo cammino, vivendo le mie esperienze mistiche nel silenzio e nella preghiera, infatti anche i miei colleghi di lavoro non sapevano nulla di queste mie realtà. Dopo un lungo periodo Sandro, per motivi personali, se ne tornò a Napoli ed io continuai la mia vita nelle Marche sempre nel silenzio e nella tranquillità quotidiana, frequentando alcuni gruppi di preghiera.
Nella foto vi sono Elio e la moglie Flora, amici di Polverigi -Ancona- . Amici che, come papà Sanzio, mi hanno aiutato e sostenuto negli anni. Hanno aperto le porte della loro casa per accogliere il gruppo di preghiera che tutt’ora si riunisce. (altro…)

Continua a leggereIl viaggio per la mia nuova vita

Un incontro non tanto casuale

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Era un caldo giorno di Giugno del 2008, mentre prendevo il sole sulla spiaggia, vicino a me vi era un uomo. Il suo viso era sofferente e smarrito. Mentre lo fissavo, gli chiesi l’orario e quello fu lo spunto per aprire una conversazione tra noi e lui mi chiese il nome e alla mia risposta, “Raffaele”,  lui intonò un ironico “ah! Don Raffaele” e di lì, come per magia, ci siamo confessati reciprocamente i propri dolori più intimi e profondi. Da quel giorno abbiamo iniziato a frequentarci e io scrutavo sempre più la sua anima e nel parlare gli chiesi di quale religione fosse e lui rispose di essere cattolico ma non praticante e nell’interrogarci a vicenda gli dissi che una volta a settimana andavo ad un gruppo di preghiera. Enzo, fu molto incuriosito da questo mio cammino e più volte mi ha chiesto di parteciparvi ed io gli assicurai che un giorno lo avrei portato con me. Dopo diversi mesi, in cui più volte Enzo mi chiedeva di voler venire a pregare con me, ma ciò non succedeva mai, questi iniziò a dubitare che davvero io facessi un cammino di preghiera. Ma un bel giorno gli dissi che la sera seguente c’era un incontro a Fermo e che se era ancora interessato, poteva venire con me. Enzo accolse con gioia questa proposta, così come la sua partecipazione a quei momenti, tanto che la sua presenza a questi incontri, lavoro permettendo, divenne costante. Intanto, piano piano, iniziai a raccontargli delle mie esperienze mistiche e lui era tanto affascinato. Con gioia vidi che Enzo, dopo tempo, iniziò a partecipare anche alla santa messa domenicale e di lì a poco partimmo per Assisi per un ritiro spirituale. Era il 6 Gennaio 2009. Appena iniziammo il viaggio, ci mettemmo in preghiera e fu occasione per Enzo ad aprire totalmente il proprio cuore al Signore. Arrivati ad Assisi entrammo subito in chiesa e gli consigliai di confessarsi, lui mi guardò con aria minacciosa rifiutandosi, cercando scusanti inutili, ma alla fine riuscii a persuaderlo e a convincerlo. Ci confessammo.  La mia confessione fu tutta incentrata su Enzo e quando il mio confessore capì con quale sacerdote si stesse confessando il mio amico, si preoccupò perché quello, secondo lui, non era proprio il sacerdote più adatto. Finite le confessioni ci incontrammo ed io ero preoccupato per la reazione che potesse aver avuto Enzo alla confessione appena fatta, ma lo vidi tutto soddisfatto, sereno e gioioso, con le lacrime agli occhi e mi disse “sto bene, ho trovato un sacerdote che ha chiarito i miei dubbi, mi sento rinato, mi sento un uomo nuovo”. Da questa esperienza le nostre vite camminano parallelamente, sempre con intensità maggiore e tutt’oggi siamo molto uniti nel cammino con Maria verso Gesù. (altro…)

Continua a leggereUn incontro non tanto casuale

Il mio cammino con i “Pellegrini di Maria”

  • Commenti dell'articolo:0 commenti

Il mio cammino religioso, con il dono di Enzo che il Signore ha messo al mio fianco così come mandava gli apostoli a due a due, è diventato più impegnativo e aperto dal 15 Aprile 2010 quando, durante un momento di preghiera, mi apparve la Madonna e mi disse “Caro figlio mio, oggi è un giorno speciale per te. Sappi figlio mio, Gesù vuole che ogni primo sabato del mese Io verrò in mezzo a voi per dare un messaggio per l’umanità e dovunque tu ti trovi, Io verrò. Questo è un regalo che Dio vuole fare all’umanità. Grazie per aver risposto alla mia chiamata. Io ti benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Da allora io ogni primo sabato del mese vivo la grazia di ricevere la visita di Maria che viene a portarci il messaggio per l’umanità. In queste occasioni sono diverse le persone che vengono a vivere momenti di preghiera, condivisione e ad onorare la Madonna, formando così una grande e numerosa famiglia, la famiglia dei “Pellegrini di Maria”. Io vivo la mia vita nella semplicità, lavoro in fabbrica e nel mio tempo libero apro le porte della mia casa e del mio cuore a tutti coloro che hanno bisogno di una parola di conforto, coloro che hanno desiderio di conoscere Dio e il mio cammino di evangelizzazione diventa sempre più impegnativo, e più il tempo passa e più aumentano i miei fratelli in Cristo. Oggi ci sono diversi cenacoli dei pellegrini in svariate città italiane, tutti nati da un nostro momento di condivisione spirituale, che ha lasciato dentro ogni cuore il desiderio costante della ricerca di Dio, di evangelizzazione e di incontro con Gesù e Maria. (altro…)

Continua a leggereIl mio cammino con i “Pellegrini di Maria”

Conclusione

  • Commenti dell'articolo:1 commento

Ho riportato tutte queste esperienza, gioiose e dolorose che siano, perché voglio gridare al mondo intero quanto è stato grande la Misericordia di Dio con me, nonostante io sia un peccatore, Lui continua ad operare ed usarmi per i suoi piani. E come mi diceva madre Teresa “quando troverai il tuo ramo, farai il tuo nido”, oggi posso confermare che quel ramo l’ho trovato. Ringrazio Dio che mi ha dato il discernimento di capire quale fosse la Sua volontà su di me ed ho compreso che devo far agire Lui nella mia vita e vivere un giorno alla volta senza aspettarmi nulla, cercando di essere il messaggero della Sua Parola e un semplice strumento nelle Sue mani. Si, sono il pellegrino di Maria e se dovessi rivivere tutta la mia vita daccapo, rifarei tutto così come è avvenuto, perché grande è il Suo amore per me, tanto che mi ha concesso la gioia di vivere qui a Loreto dove ho la grazia di visitare tutti i giorni la Santa Casa, in cui è avvenuto il miracolo per eccellenza, l’Annunciazione della nascita del nostro Salvatore ed io tutti i giorni, con umiltà, mi reco in questo santo luogo per pregare per me e per tutte le persone che si affidano alle mie preghiere.
Voglio ora riportare le testimonianze di alcuni miei fratelli in Cristo, per dare lode al Signore e alle meraviglie che continuamente compie nelle nostre vite. (altro…)

Continua a leggereConclusione